venerdì 4 giugno 2010

Cinelogia

L’anno scorso, su consiglio di un collega universitario che ne era rimasto affascinato, ho frequentato, a Roma, nella Facoltà di Sociologia della Sapienza, un corso di cinelogia, una tecnica – messa a punto dalla scienza ontopsicologica – della quale, malgrado fossi da sempre un’appassionata di cinema, non avevo mai sentito parlare. Anche io ne sono rimasta affascinata, perché mi sono resa conto che attraverso questa tecnica, che strumentalizza il diverso impatto emotivo che le immagini filmiche hanno su ogni singolo spettatore per scoprire qual è l’immagine starter che lo muove dentro, è possibile aiutare il singolo a distinguere quelle parti di sé che sono originali ed autentiche da quelle parti che, invece, a sua insaputa, sono il prodotto di una sovrapposizione compiuta da altri (famiglia, maestro, partner, società, etc.) e che lo conducono molto spesso allo scacco esistenziale. Una tecnica che aiuta quindi ad adottare comportamenti autentici più funzionali alla propria vita. A questo punto, per me che ero interessata alle dinamiche sociali, nasceva spontanea una domanda: in che modo questa tecnica, che consente l’autenticazione dell’umano, può avere risvolti sul sociale? E la risposta mi parve scontata quando riflettei sul fatto che la società è un insieme di individui che operano e cooperano per il benessere sia individuale che collettivo e che le dinamiche sociali non sono altro che il frutto di dinamiche di singoli individui che interagiscono tra loro. Quindi, attraverso la funzionalità dei singoli si giunge, di conseguenza, alla funzionalità dell’intero gruppo.

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